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Di solito le notti critiche in un mondiale sono quelle a ridosso delle fasi a eliminazione diretta. Per lo più, quarti o semifinali. Un discorso a parte la finale. Chi c’è stato e le ha vissute, racconta che l’avvento delle tenebre a poche ore dalla finalissima assomiglia a un carnefice vicino al letto, che ti torura fino allo sfinimento mentale. Allora, hai una sola soluzione: chiedere aiuto nel silenzio.

L’unica cosa da fare è invocare i tuoi cari, o se sei credente, iniziare a promettere cose che mai riusciresti compiere nei confronti di Dio o chi per esso. Perchè, tu puoi fare la differenza in campo, ma se non sei persona grata all’Onnipotente (o chi per esso) fai poca strada. Quanti stanotte, nel ritiro della Selección saranno riusciti a chiudere occhio e quanti saranno viaggiati con l’immaginazione, tra l’angoscia di non farcela e la speranza, ultima a morire? Sentimenti contrastanti, per la vigilia più incredibile della storia della Nazionale, per l’ultima partita ai mondiale di Leo. E come fai a scordartela?

Un intero popolo freme nell’attesa dell’avvento dell’ora X, tra balli, cori, dimostrazioni di entusiasmo e voglia di risorgere dopo 36 anni di delusioni. Un’altro, aspetta l’occasione per spadroneggiare con la tradizionale spocchia, volendo dichiarare la nuova, incontrastata, supremazia mondiale.

Si è vicini a una gioia incomparabile, mai vista prima da molteplici generazioni, o all’ennesima delusione di cui tutti siamo un pò abituati. E per Leo Messi, in particolare, davvero sono gli ultimi novanta minuti per l’immortalità; la possibile vendetta di quanto vissuto otto anni fa; l’ultima puntata alla roulette; rosso o nero; momenti in cui stelle o pianeti si allineano per compiere un’antica profezia predetta nei secoli eterni.

Il Lusail stadium è ponto a emanare la sentenza definitiva: gloria o morte. Ma la domanda fondamentale è alla fine sempre una sola: noi, siamo pronti ad accettarla?

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