
Una notte sognata. Neanche il più ottimista tifoso argentino avrebbe previsto un’attitudine e una prestazione del genere. L’Argentina per la prima volta segna quattro gol al Brasile – che mai aveva subìto in tutte le qualificazioni mondiali della sua storia – e Scaloni si converte come il primo allenatore a vincere in competizioni ufficiali contro il Brasile sia in trasferta che in casa. Numeri, dati e prestazioni sul campo impressionanti, che non fanno che aumentare l’importanza dell’impresa appena realizzata.

Senza Messi e senza Lautaro. La Selección Argentina va oltre i giocatori e gioca secondo le indicazioni del suo tecnico a prescindere delle individualità, coadiuvato da un gruppo guidato dai senatori Otamendi, De Paul e Paredes, oltre ai crack campioni del mondo Fernandez, Alvarez e Almada. È ormai matura. È la nazionale (ancora) più forte al mondo. Un motore ben oliato che a prescindere anche dall’avversario gioca solo per vincere. Sono impressionanti i primi quindici minuti dove la Scaloneta è cortissima nella sua ampiezza e si muove in tutti suoi effettivi: quando c’è da difendere tornano gli attaccanti (Almada molte volte svolge il compito del ‘cinco’ davanti alla difesa) e quando attacca, si alzano tutti, come una fisarmonica. Fanno effetto che le puntate in area in maniera costante dei centrocampisti, che sbaragliano e non danno riferimenti alla difesa verdeoro.
Il trionfo contro un Brasile, non certo esaltante, non fa che esaltare l’atteggiamento, la mentalità dei ragazzi di Scaloni, tanto più dopo aver saputo in anticipo, qualche ora prima dell’inizio, della matematica qualificazione ai Mondiali. Qualsiasi squadra, col pass in tasca, avrebbe affrontato i rivali più temuti del continente con molta più diplomazia, magari accontentandosi una prestazione positiva, senza rischiare troppo. Invece no. Dal primo all’ultimo secondo gli undici albicelestes corrono, si aiutano, danno tutto, si esaltano nel giocare un fútbol stratosferico che ad un certo punto fa commuovere per quanto perfetto sia. Questa notte, come mai prima, abbiamo visto come i campioni del mondo non siano ancora sazi e di come il pueblo argentino si innamori partita dopo partita di questa nazionale. Bisogna solo sperare che Scaloni rimanga più a lungo possibile: mai nella storia del fútbol argentino si era arrivati a questo livello di qualità e continuità con un solo allenatore.