Nella Selecciòn. Se sei l’entrenador devi essere un ‘iniziato’ del gioco, perché se sei solo un mestierante, o un sedicente profeta -come Sampaoli por ejemplo-, poi non finisce bene.
Nella Selecciòn se non sei un groupie di Leo, sei solo un jugador che parte con handicap, oppure, per citare le parole del ritrovato ‘guru’ dell’albiceleste Scaloni -utilizzando il termine del commentatore tecnico che lavora nella Tv di stato, quello “bravo”-, non giochi per “scelta tecnica” (e ogni riferimento a Paulo Dybala non è casuale).
Nella Selecciòn se non sei “umile” e ti ‘appecoroni’ (cit.) al caudillo, l’handicap te lo vai a cercare. Vedi sopra.
Nella Selecciòn se non fai il tiki taka ma vinci, in barba alle favole del jogo bonito tanto strombazzato da certi (sedicenti) puristi e/o integralisti, ti perdonano uguale. Perché alla fine della fiera conta vincere e allora il resultadismo va bene uguale.
Nella Selecciòn se non tiri fuori los huevos, se non hai sentido di pertenencia, se non conosci la storia del tuo paese, sei già spacciato.
Nella Selecciòn, se passi il primo turno della fase finale del campionato del mondo devi per forza arrivare in fondo e vincere, perché se non succede e provi ad analizzare i veri problemi dell’equipo (e anche del movimento calcistico locale) ti ritrovi essere un nostalgico del calcio vecchio e degli eroi del 1986.
Nella Seleccion -ed è comunque una sensazione più o meno frequente- non tutti sono tranquilli nel vestuario e quindi succede che poi sotto rete sbagli l’impossibile, evidenziando oltre modo i tuoi limiti tecnici e di q.i. calcistico. E qui parliamo di Lautaro Martinez, ovviamente.
Nella Selecciòn, dopo aver vinto una Copa America in terra brazuca giocando però in modo piuttosto speculativo e con condizioni ambientali variate rispetto alla norma, ci si aspetta di dover dominare ogni partita del mondiale, salvo poi tornare sulla terra come contro i sauditi, per aver “sobrevalorado” il proprio equipo e sottovalutato quello altrui.
Nella Selecciòn, se ti preoccupi della prensa e degli hinchas anziché pensare alla cancha, forse non hai capito cosa vuol dire giocare per l’Albiceleste, indossare quella camiseta.
E chi ama l’Argentina non te lo perdona.
Superata con qualche patema esistenziale la fase a gironi di QATAR 2022 e vinto il girone come da pronostico iniziale, inizia per l’albiceleste la fase ad eliminazione diretta. L’avversario dell’ottavo di finale sarà un po’ a sorpresa l’Australia, uscita da seconda classificata nel girone di Francia (qualificata come prima), Danimarca e Tunisia.
Saranno tempi duri per l’equipo argento, come fu nel doppio desempate di qualificazione a Usa 94 quando la nazionale guidata dal Coco Basile superò a fatica i Socceroos oppure assisteremo a una passeggiata di salute utile e allenante per il quarto di finale contro Olanda o Usa?
Prevederlo con certezza non è semplice perché questa Argentina è capace di tutto e del contrario di tutto.
Questa Argentina si è rimessa in carreggiata grazie ai suggerimenti del vero tecnico dell’albiceleste (diamo a Cesare quel che è di Cesare), cioè il Mago Aimar, che nella gara contro il Messico ha avuto il merito di ‘aprire il cervello’ al suo “jefe” il quale, sino all’ora inoltrata di gioco non ci aveva capito molto.
Questa Argentina ha inserito giocatori come Enzo Fernandez, Alvarez e McAllister con q.i. calcistico e skills decisamente superiori ai vari Paredes, Martinez e Gomez, anche se, si è affrontato avversari di dubbio livello qualitativo.
Questa Argentina che, per precauzione, potrebbe dover fare a meno anche di uno degli elementi insostituibili dell’equipo, ovvero il Fideo Di Maria, rischia di dover metter mano a una quadra tattica conseguita piuttosto fortuitamente per quanto detto sopra. E allora, si torna al punto di partenza… auspicando fortemente che la cancha mi convinca del contrario.
AGUANTE ARGENTINA.
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