La terza e ultima parte dell’incredibile trayectoria di Ricardo Centurión, il talento argentino del Villa Lujan, mai sbocciato del tutto a causa dei suoi demoni.
Dopo la sconfitta per 3-0 contro il River Plate e la conseguente eliminazione dalla Copa Libertadores 2018, al Principe, probabilmente, saranno venuti i primi dubbi. Una volta subita la terza rete, infatti, Centurión reagì a una provocazione del millonario Enzo Perez, venendo alle mani e finendo per essere espulso. Non pago di questo, mentre usciva dal campo accompagnato dallo scherno di tutto il Monumental, pensò bene di ricordare platealmente a tutti il suo gol segnato al River con la maglia del Boca, riuscendo a mancare di rispetto anche ai tifosi del Racing. Centurión, infatti, oltre ad alzare al cielo 4 dita della mano destra, a ricordare quel 2-4 per gli Xeneizes, mimò pure una striscia orizzontale sul suo petto, ad indicare la banda amarilla che caratterizza la camiseta del Boca Juniors; un atto non proprio apprezzatissimo nel barrio di Avellaneda.
Ti potrebbe interessare: “No escucho y sigo”: il credo di Ricardo Centurion – 1^ parte
Ti potrebbe interessare: “No escucho y sigo”: il credo di Ricardo Centurion – 2^ parte
Ciò nonostante, Ricardo sembrò ripagare la fiducia che gli era stata accordata e lo fece segnando ben 19 gol in poco più di metà campionato, molti più di quanti ne avesse mai segnato in una stagione intera. Il figliol prodigo stava dunque trascinando il suo Racing alla conquista del titolo, che mancava da quando se ne era andato l’ultima volta, 5 anni prima. L’incantesimo si spezzò però il 10 Febbraio 2019, alla diciottesima giornata, quando il Racing perse nuovamente al Monumental contro il River. Quel giorno Centurión non era stato schierato tra i titolari e, sul risultato di 2-0 per i Millonarios, venne chiamato ad entrare a venti minuti dal termine. El Chaco Coudet, l’allenatore, si avvicinò per dargli indicazioni, mentre lui, con lo sguardo torvo, siaggiustava l’elastico dei pantaloncini. Per nulla contento di essere stato escluso dall’11 titolare e di dover entrare con il risultato già compromesso, in uno stadio che lo avrebbe riempito di fischi per i suoi trascorsi, Centurión non dava l’impressione di stare ascoltando ciò che aveva da dirgli il mister, anzi, non lo guardava nemmeno. Infine, preso da uno scatto d’ira fulmineo, appoggiò la mano sul petto del tecnico e lo allontanò da sé con irruenza.
Quello che giocò dopo questo episodio, fu l’ultimo spezzone di partita con il Racing di Centurión, che venne mandato ad allenarsi con le riserve e messo ufficialmente fuori rosa. Ricardo provò invano a scusarsi con l’allenatore ma il Chacho rifiutò addirittura di riceverlo. Nei due mesi successivi, Centurión aggravò addirittura la situazione, con dichiarazioni poco rispettose verso i suoi compagni e verso la dirigenza, che decise di venderlo alla fine del campionato.
Come non ricordare il suo botta e risposta con Oscar Ruggeri, durante una trasmissione di Fox Sports del 6 aprile 2019. In quella occasione, Centurión dimostrò di non avere nessun timore reverenziale, nei confronti di uno che ha vinto il Mondiale del 1986 insieme a Maradona. Al suo invito a comportarsi professionalmente, per non pentirsi un domani delle occasioni perse, Ricardo rispose infatti con un irriverente “Sarò onesto, Cabezón, io la notte non ho sonno. Ho voglia di uscire a bere qualcosa, tutti i giorni”. “Quando mi ritirerò”, aveva poi continuato, “non mi pentirò di nulla”. Insomma, non proprio le parole di un calciatore su cui scommettere per la stagione successiva.
Nella stagione appena conclusa, invece, il Racing si era laureato campione anche senza i suoi gol e il giorno delle celebrazioni, avvenute in sua assenza, quando El Chino Leunis, che dirigeva la premiazione, pronunciò il nome di Centurión, venne accolto da fortissimi fischi di tutto lo stadio. Lui stesso dichiarò di non sentire suo quel titolo, nonostante i tanti gol segnati nella prima parte del campionato. Avrebbe potuto essere una favola, la sua favola, la favola del ragazzo che fugge dalla povertà, che commette tanti errori dovuti in parte alle sue umili origini, che non trova la gloria europea ma trova quella forse ancora più importante tra la sua gente. E invece no, a Centurión non sono mai piaciuti i finali scontati, soprattutto non gli è mai piaciuto il lieto fine.
Da lì in poi si susseguirono infatti una serie di passaggi incolore e sempre conditi da qualche polemica. Dal San Luis in Messico, dove venne coinvolto in un litigio con il tecnico Alfonso Sosa, passando per il Velez, dove venne emarginato dal gruppo per non essersi presentato agli allenamenti, e arrivando infine al 2022, con il suo approdo al San Lorenzo, club in crisi sotto tutti i punti di vista, dove Centurión avrebbe potuto fare la differenza. Ricardo, però, ancora una volta, è riuscito a spiccare solo per la sua scarsa professionalità. Dopo un video virale, che lo vedeva ad una festa in condizioni poco consone, è stato infatti messo fuori rosa anche dal Ciclón.
Il ritornello di Prohibido termina con “No me persigo, porque mucho de lo que esta prohibido me hace feliz” (non mi perseguito, perché molto di ciò che è proibito mi rende felice). Alla fine, riflettendo bene, non penso che questa canzone dei Callejeros si possa dedicare a Centurión. Non credo, infatti, che non ascoltare i consigli e continuare a fare ciò che è proibito lo abbia reso felice. In molte interviste di Ricardo, si legge anzi tra le righe tutta la sua sofferenza; come quando confessò a El Grafico di aver pensato a sua nonna Yaya dopo ogni suo colpo di testa. “Perché io potevo sopportare le critiche”, disse, “e spegnere la televisione. Ma mia nonna no”. Quella di Ricardo, dunque, non è una storia felice. È la storia di un pibe dalla cara sucia, che ha iniziato a giocare a pallone per soldi nel potrero infangato di Villa de Lujan, dove volavano calci al petto, ed è arrivato a giocare in primera mantenendo la stessa attitudine
Quel ragazzo sembrava venuto al mondo per pisarla y encarar (accarezzare il pallone e puntare l’uomo), ma non è mai riuscito a dribblare il proprio passato e a puntare il proprio futuro, rimanendo sempre sospeso tra l’uomo che non riusciva a diventare e quello che avrebbe potuto essere.
3 – fine