Tedesco più che cordobese. Né Tanque Denís né Batigol. Il dromedario del gol, semplicemente.
Adolfo Gaich, un nome che si sposa con la natura assolutamente nordeuropea dei suoi tratti somatici, è il nuovo gioiello argentino che milita in Serie A. Il suo arrivo in Italia, a fine gennaio, in prestito dal CSKA Mosca al Benevento è passato in sordina. Evidentemente perché la parentesi russa non ha permesso agli estimatori e agli appassionati del calcio sudamericano di seguirlo da vicino e probabilmente poiché a primo acchito questo centravanti di 1,90 m non ha una storia ‘romantica’ né tutti i cliché che generalmente accompagnano i talenti latini che arrivano nel Vecchio Continente.
Ma ha una convinzione tremenda. Non ha fatto altro, dall’età di 6 anni, che perseguire il sogno di diventare un calciatore, pur essendo nato in un paesino di mille anime, dove la maggior parte dei ragazzi ha sempre preferito la pallavolo. Adolfo, invece, convince anche i genitori a iscriverlo a un corso d’inglese perché è convinto, anzi sa, che prima o poi giocherà in Europa. A poco contano i rifiuti di River Plate e Lanús ai primi provini.
La scelta di trasferirsi in Russia lo scorso 2020 sicuramente non ha favorito Gaich, che immaginava diversamente il salto in Europa. Parlandone, ha spesso dichiarato di non avere fretta e in effetti il pressing dell’Inter per affiancarlo a Lautaro si ridusse, mesi fa, a qualche sondaggio e nessuno spinse troppo oltre. Tuttavia, il San Lorenzo, club nel quale Gaich è professionalmente cresciuto, non avrebbe potuto lasciarsi sfuggire l’occasione, giacché il calciatore è anche un Nazionale maggiore, di ricavare proventi interessanti.
Il tecnico Viktar Hančarėnka non lo considera funzionale al suo gioco, e nel CSKA Mosca El Tanque gioca sprazzi di match che lo rendono poco appetibile a qualsiasi club, tranne il Benevento, che invece comprende l’occasione che si prospetta e strappa ai russi anche un’opzione d’acquisto fissata a 11 milioni di euro.
Abile nella progressione, dotato di buonissima visione e partecipazione nel gioco nonché di una tecnica di base interessante, Gaich impiega qualche tempo a debuttare nel massimo campionato italiano. Serviva un’occasione speciale, un segno da predestinato? Vedremo. D’altronde nella sua carriera è stato scrutato con curiosità dal momento in cui nel Mondiale Under20 2019 con la maglia dell’Albiceleste riesce a realizzare una tripletta in 30’ contro il Venezuela. Ha qualcosa di Martín Palermo e anche di Lewandowski, dicono.
Il giorno prescelto da Inzaghi per farlo debuttare in Italia è il 28 febbraio, due giorni dopo il suo compleanno (è un classe 1999) allo stadio di Napoli: il Diego Armando Maradona. Sotto gli occhi e/o la benedizione del Pibe de Oro, che avrà gettato uno sguardo da lassù.
Non poteva esserci tappa più determinante per un argentino.
Il gol, invece, arriva alla prima occasione che gli viene concessa da titolare: Spezia-Benevento, circa una settimana dopo. Gaich al 24’ della prima frazione di gioco cerca la profondità dalla destra e viene servito dal compagno Viola. Con la palla al piede entra in area, salta Ricci e conclude sul primo palo. La sua prima allegria, sebbene il match finirà 1-1.
Quella dell’attaccante albiceleste sembra già essere l’inizio di una rivincita, soprattutto sui pregiudizi e il silenzio della cronaca su un talento invece piuttosto evidente. Agli occhi di molti, in patria, sarà il riferimento offensivo del futuro, soprattutto dal debutto a soli 20 con la Selección in un match vinto 4-0 contro il Messico. L’attitudine tranquilla con la quale affronta la responsabilità del gol, d’altronde, racconta già molto su come riesce a gestire le grandi sfide. D’altro canto proprio una sua rete nella sfida tra San Lorenzo ed Estudiantes de La Plata consentì il passaggio del Corvo ai quarti di finale di Copa Argentina nel 2018.
“Speriamo che un giorno io possa somigliare a Batistuta”, disse Gaich proprio al termine di quella sfida di Copa. Intanto, in Italia ha scelto di indossare la maglia numero 7, quella di Carmelo Imbriani. Aveva inizialmente optato per il numero 23, ma la prima immagine vista al Vigorito è stato lo striscione dedicato all’indimenticabile idolo locale, scomparso nel 2013 a causa della malattia di Hodgkin.
“Ci hai tenuti per mano e ci hai portato lontano. Auguri eterno capitano”
Un momento di riflessione, di sensibilità ma anche un avviso pacato: posso aiutare anch’io, posso scrivere anch’io un po’ di storia. E infatti sono arrivate dopo pochi giorni le parole di Gianpaolo, fratello di Imbriani: “È stato un gesto forte che ha toccato il cuore della nostra famiglia, ci ha fatto molto piacere. Al di là di come andrà il calciatore, abbiamo apprezzato molto l’uomo e voglio sottolinearlo. Mi auguro di incontrarlo e ringraziarlo di persona”.
Buona fortuna al tedesco di Bengolea.
di Sabrina Uccello
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