Finisce l’attesa del 10 novembre. Ecco l’articolo di Matteo Dotto, apparso nel Corriere della Sera il 10/11/2018.
Caniggia, il cuore del superclasico
«batte forte ma non trema mai»
Pochi hanno diritto di parola sul superclasico come Claudio Paul Caniggia, il giustiziere delle magiche notti azzurre di Italia ’90. La sua lunga chioma bionda svolazzava in gioventù sulla casacca dalla «banda roja» del River Plate e poi, in età più matura, sulla «azul y oro» del Boca Juniors. In entrambi i casi, un successone…
«Sono cresciuto nel River che mi ha dato la possibilità di venire a giocare a 21 anni in Italia. Il mio era il River campione del mondo dell’86, con il grande Enzo Francescoli. Poi dopo sette stagioni in Europa ho coronato il mio sogno di bambino: giocare nel Boca, per di più con un amico e compagno speciale come Diego Maradona. Non ho vinto granché né con il River né con il Boca, ma ho segnato spesso nel superclasico. Un gol, giovanissimo, quando giocavo nel River. Ma il ricordo più bello è una tripletta alla Bombonera in un derby di campionato: Boca-River 4-1, prima un grande assist e poi nella ripresa tre gol. Emozioni forti per una notte indimenticabile. Fate un giro su youtube, vedrete anche i baci in bocca che mi diede Dieguito dopo il cross a Basualdo per l’1-0…».
Stasera alle 21 e sabato 24 la doppia finale della Copa Libertadores, la Champions del Sudamerica. Come inquadrare questo attesissimo derby tutto argentino?
«Il River assomiglia in qualcosa alla Juventus anche se è gemellato con il Torino: in campo internazionale stenta, ha vinto tantissimi titoli nazionali ma solo tre volte la Libertadores e appena una volta si è laureato campione del mondo. Il Boca è un po’ come il Milan, ha maggior tradizione fuori dall’Argentina. Di Libertadores ne ha vinte sei e incoppa Intercontinentale, per rimanere negli ultimi vent’anni, nel 2000 ha battuto il Real dei Galattici e tre anni dopo il Milan di Maldini, Pirlo, Seedorf, Kakà e Shevchenko. E poi sarà importante il fattore campo, soprattutto con il divieto di ingresso alle tifoserie in trasferta».
Meglio la Bombonera del Boca dove si giocherà la sfida d’andata o il Monumental del River, teatro del ritorno?
«Sono due grandi palcoscenici, ma la Bombonera, come diciamo noi in Argentina, “no tiembla, late”, cioè non trema ma batte forte con tutti i suoi cuori. La gente ti dà una carica pazzesca, parti già in vantaggio 1-0. Il Monumental è bello architettonicamente, ma il pubblico è lontano e il tifo più dispersivo».
Boca e River sono anche bandiere di classi sociali diverse…
«Questo ormai è un luogo comune, forse il Boca è un po’ più popolare ma nelle varie province dell’interior, lontano da Buenos Aires, il tifo si equivale. Che il povero tifi Boca e il ricco River è una semplificazione giornalistica, nulla di più».
Quali sono i giocatori da tener d’occhio?
«Nel Boca è stato decisivo nella doppia semifinale contro il Palmeiras il centravanti Dario Benedetto: non è più giovanissimo, è reduce da una brutta frattura, ma ha il pregio di buttarla sempre dentro. A me piace tantissimo Cristian Pavon, classe ’96: punta e salta l’uomo, ha una velocità supersonica. Non per niente dicono che è il nuovo Caniggia, ahahahah. Nel River occhio al numero 10, Pity Martinez: grande tecnica e visione di gioco anche se è un po’ discontinuo. E poi suggerisco il nome di un altro giovane, Exequiel Palacios: un centrocampista completo che corre, contrasta e imposta. Ha appena vent’anni e un grande futuro davanti».
Chi vince la Libertadores e perché?
«Io dico Boca. Perché è la mia squadra del cuore e poi perché la Bombonera “no tiembla, late”… »
(4 – continua)
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