Articolo di G.B. Oliviero, La Gazzetta dello Sport, 22 novembre 2018.
Il sogno del River
La Juve argentina con il cuore Toro: missione trionfo
Il doganiere è del Boca, il tassista è del River, l’impiegata alla reception dell’hotel è del Boca, il cameriere al ristorante è del River. Buenos Aires trattiene il fiato da giorni ed è pronta ad esplodere sabato: esaltazione e gioia da una parte, disperazione e dolore dall’altra. Quella che qui chiamano la «final del mundo» assegnerà l’ultima Libertadores con l’attuale format e chiuderà più di un secolo di storia e di passione. Alla Bombonera è finita 2-2, al Monumental sarà in pratica gara secca visto che non c’è la regola dei gol segnati in trasferta. Un incontro di ritorno che assegna un biglietto di sola andata: per la gloria eterna o perla dannazione perpetua. E stavolta sarà per sempre: tra cent’anni si parlerà ancora di questa partita. Ecco perché i simboli sono ancora più importanti: infondono fiducia a un popolo in attesa come l’esercito prima della battaglia (augurandoci ovviamente che tutto resti confinato allo sport). Le due tifoserie si ritrovano vicino ai rispettivi stadi, piccoli capannelli si formano in
modo spontaneo. Tra il Monumental e la Bombonera ci sono meno di 15 chilometri: due grandi club, due tappe obbligate prima che inizi la «final del mundo».
LA STATUA Il giro nella capitale del calcio parte dal barrio Nuñez, casa del River. La statua di Angel Labruna sembra ancora più grande del solito. E in effetti piccola non è: 6,7 metri di altezza, 6,3 tonnellate di peso e il conseguente record di statua di bronzo più grande del mondo per quanto riguarda i calciatori. L’enorme scultura troneggia davanti al Monumental. Labruna vestiva il numero 10 e faceva parte del famoso quintetto della Máquina, composto anche da Juan Carlos Muñoz, José Manuel Moreno, Adolfo Pedernera e Felix Loustau. Erano gli Anni Quaranta, quelli del grande River (4 titoli in 7 anni e 2 secondi posti) che nel tempo ha consolidato una vocazione più nazionale che internazionale: 36 campionati, ma appena 3 Coppe Libertadores. Nel 2011 ci fu addirittura l’onta della retrocessione nella B argentina.
EL TANO PASMAN Proprio quella delusione cambiò la vita al Tano Pasman: era un tifoso del River, divenne il più grande tifoso delRiver. Bastò un video, visualizzato oltre 10 milioni di volte. El Tano, seduto in poltrona davanti alla tv, cominciò a urlare di tutto oltre al celebre: «Estamos en la B». Qualche settimana fa Pasman è andato a fare un tagliando dal cardiologo, meglio non correre rischi visto che il Superclasico garantisce emozioni particolari. E adesso è prontissimo: «Stamattina ho ritirato il biglietto, sarò al Monumental. Quel video mi ha reso famoso, ma sono un tifoso come tanti: sono nato nel 1959, ho cinque figli e ho lavorato come grafico. Il River è tradizione di famiglia, mio padre mi portava allo stadio. È una passione cresciuta dentro di me giorno dopo giorno». Il video ha una storia particolare: «Lo fece uno dei miei figli per mostrarmi che a ogni partita rischio l’infarto. Tutti pensano che fosse dopo la gara di ritorno dello spareggio col Belgrano, quella della retrocessione.
Invece era dopo l’andata, ma già sentivo che non avremmo recuperato. A casa mi trasformo, dico di tutto mentre allo stadio sono più tranquillo».
GEMELLAGGIO Il River è considerato la Juve d’Argentina, ma è gemellato con il Torino dai giorni immediatamente seguenti la tragedia di Superga. Il 26 maggio 1949 fu giocata un’amichevole tra i platensi e la squadra «Torinosimbolo» nel senso che, purtroppo, del club granata, dopo il disastro aereo del 4 maggio, era rimasto quello, i simbolo. In una partita che serviva a raccogliere fondi per le famiglie delle vittime, il River sfidò una mista di giocatori di Juve, Inter e Milan. Il forte legame tra i due club nacque allora e continua ancora adesso. Pe r omaggiare il River, è capitato negli anni scorsi che la maglia di riserva del Toro fosse bianca con la banda trasversale granata. Ma il passato, in questi giorni, non conta. C’è solo una partita, questa partita. E passando davanti alla statua nei pressi del Monumental, qualche tifoso biancorosso si tura il naso con le dita: il gesto che Labruna fece un giorno entrando alla Bombonera per sfottere gli avversari e che lo rese popolare ancor più dei suoi gol. Capito cosa si sta vivendo a Buenos Aires?
(11 – continua)
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