Il Coronavirus è sbarcato in Sudamerica. Fino ad oggi (14/03) in Argentina sono stati segnalati 34 contagi e 2 decessi, è stata dichiarata l’urgenza sanitaria nazionale e purtroppo si prevedono casi in aumento.
Dal punto di vista calcistico sono state prese alcune decisioni per fronteggiare il Covid-19 che ne hanno modificato il normale svolgimento delle competizioni sia a livello continentale che nazionale.
La Conmebol ha imposto la sospensione temporanea della Copa Libertadores nella settimana tra il 15 e 21 marzo (terza giornata), ha inoltre chiesto e ottenuto dalla FIFA la sospensione e il rinvio delle Qualificazioni mondiali per Qatar 2022.
La situazione è in continua evoluzione nei campionati nazionali di altri paesi. Ad ora si registrano campionati sospesi in Uruguay, Paraguay, Perù, Colombia e Venezuela, con invece partite a porte chiuse nei tornei di Bolivia, Brasile, Cile e Argentina.
In Argentina il discorso si è complicato negli ultimi giorni e nelle recenti ore. Terminata la regolarmente la Superliga Argentina, si assisteva ad una presa di posizione importante a livello di istituzioni locali e nazionali. Giovedì 12/3 il governo imponeva lo stop parziale a manifestazioni e competizioni sportive nel mese di marzo. Venerdì 13/3 il governo cittadino di Buenos Aires imponeva lo svolgimento delle partite programmate in città a porte chiuse, e cioè River – AtTucumán e Huracán – Talleres. Pochi minuti dopo il ministro del Turismo e dello sport Lammens (ex Pres. SanLorenzo) ordinava l’ampliamento della disposizione su scala nazionale. Tutto il fútbol senza pubblico.
Dopo poco diventava ufficiale la sospensione delle eliminatorie e dela Copa Libertadores. Il continente stava rispondendo adeguatamente alla minaccia Coronavirus, l’Argentina ancora tentennava, e soprattutto la Superliga organizzatrice e responsabile della Copa Superliga, rimaneva passiva in tutto questo.
E arriviamo al momento attuale. Nella notte si giocavano le prime due partite della Copa Superliga, a porte chiuse, ma col malcontento dei giocatori. Difatti pochi minuti prima dell’inizio i giocatori manifestavano il loro disappunto nello scendere in campo dato il rischio contagio. Le partite quindi si giocavano regolarmente ma inevitabilmente ci si poneva la domanda. In mezzo a una pandemia mondiale, perché giocare?
Il River Plate ha talmente interiorizzato questo interrogativo che ha fatto di più. Dopo il caso sospetto di un giocatore delle giovanile (poi risultato negativo) nella notte diramava un comunicato dove esplicitava la volontà di non giocare contro l’Atletico Tucuman per rischio Coronavirus, disobbediendo così alla Superliga. La posizione del River veniva condivisa anche da altri giocatori di altre squadre tramite social, e anche dal nemico storico Maradona.
In tutto ciò la Superliga (Tinelli, attuale pres. SanLorenzo) non si faceva attendere e divulgava un comunicato, dove, con una risposta tanto determinata quanto sbalorditiva pretendeva la sottomissione intimando sanzioni nel caso contrario.
Questa è la situazione attuale.
Stallo, braccio di ferro, la volontà di negare l’evidenza, è un film purtroppo già visto e rivisto terminato sempre con lo stesso finale: sospensione totale delle attività. Ci domandiamo: occorre davvero rischiare qualche contagio? Bisogna per forza avere qualche positivo per fermare il calcio? Perché allora non capire che prima di essere tifosi, giocatori, dirigenti siamo tutti persone umane capaci di ammalarci?
Perché continuare a pensare prima al pallone che alla salute?
calcioargentino.it